Che tu sia uno scrittore planner o un panzer, assicurarti che il proprio romanzo abbia una struttura valida è un passaggio obbligato. Un planner non scriverà nemmeno una riga prima di aver strutturato la trama, magari anche capitolo per capitolo o scena per scena. Un panzer, al contrario, probabilmente finirà la bozza iniziale prima di assicurarsi di avere tutti i climax al punto giusto.
La sostanza non cambia. Prima di inviare un romanzo in valutazione a una CE o a un agente letterario, è bene revisionare con attenzione la trama in modo da evitare buchi o incoerenze che potrebbero penalizzarci.
Esistono degli schemi che possono aiutarci a capire se la tua è una trama che funziona. Nessuno schema è una regola e le possibili variazioni sul tema sono infinite. Ci sono però alcuni capisaldi che rendono le storie appetibili fin da quando l’umanità ha cominciato a raccontare ed è buona norma quantomeno conoscerli nel momento in cui ti accingi a perfezionare la trama del tuo romanzo.
Praticamente ogni narrazione, a prescindere dal mezzo di diffusione (che si tratti di un film, di un libro, di un racconto orale, di un videogioco) è articolata in una struttura in tre atti. È probabile che tu abbia applicato questo schema anche prima di conoscerlo, perché tutte le storie che conosci lo seguono.
Il primo atto, di norma abbastanza breve, presenta il protagonista e le tipiche condizioni in cui vive. Deve comunque presentare un aggancio, un motivo di conflitto che porterà poi al punto di rottura.
Il punto di rottura è l’incidente scatenante che dà il via alla vicenda vera e propria. Quale che sia la storia che vuoi raccontare, è qui che comincia. Qui si chiarisce qual è l’obiettivo per cui il protagonista si impegnerà, soffrirà e crescerà nelle prossime 300 pagine.
Il secondo atto rappresenta l’80% del romanzo. Qui vedrai il tuo protagonista affrontare, superare o fallire le sfide che si mettono tra lui e il suo obiettivo. È bene che le prove da superare siano in un crescendo di difficoltà per evitare dei bruschi crolli di tensione e la conseguente perdita di interesse da parte del lettore. Le sfide più difficili devono essere le ultime!
Il terzo atto è quello che chiude i giochi. Quando tutte le carte sono state scoperte, i misteri risolti, gli intrighi svelati, il protagonista dovrà affrontare la sua battaglia finale (anche in senso figurato). Qui è collocato l’ostacolo più insormontabile, quello che costringe il protagonista a confrontarsi con tutte le sue debolezze e difficoltà, con i suoi dubbi morali.
Il terzo atto può a sua volta articolarsi in un colpo di coda finale: quando il protagonista, dopo indicibili sforzi, pensa di aver raggiunto il suo obiettivo, ecco che arriva la vera difficoltà.
La risoluzione finale nel terzo atto, ossia il modo in cui il protagonista vince o perde, è bene che dipenda da elementi seminati durante il primo o il secondo atto. In questo modo viene assicurata la coerenza interna della trama.
Per esempio, se a pagina 25 il protagonista viene a sapere dell’esistenza di una speciale razza di patate cannibali, va bene se a pagina 350 si sbarazzerà del suo antagonista grazie a una melanzana cannibale. Se, invece, il romanzo è una commedia scolastica ambientata nella Milano del 2019, non è possibile che la protagonista si sbarazzi della sua nemica con lo stesso mezzo.
Questa struttura si applica a qualsiasi genere di narrazione, dal romanzo intimista al film di supereroi. Conoscerla aiuta ad articolare con chiarezza i vari punti di snodo e i climax. Padroneggiarla ti permetterà di scrivere opere solide dal punto di vista strutturale.
Un buon esercizio può essere quello di analizzare la struttura di ogni nuovo libro e film per metterne in evidenza gli atti e i punti di snodo. In questo modo ti risulterà evidente che nessuna narrazione sfugge a questo schema e sarà più facile interiorizzarlo.
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